Il senso del sofferenza

Il senso del sofferenza

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In questo prezioso saggio, maturato nel pieno della Prima guerra mondiale e scritto in una prima versione nel 1916, per poi essere corposamente ampliato per l’edizione del 1923, Max Scheler indaga con lucidità fenomenologica i vissuti del dolore e della sofferenza. Il lettore si trova, così, messo a confronto con l’intera storia del pensiero filosofico, secondo un percorso che dall’etica e dall’antropologia filosofica si apre alla metafisica e alla filosofia della religione. Il richiamo aristotelico del significato del dolore, come segnale di pericolo per la dimensione vitale dell’organismo, è ribadito con forza, venendo, però, subito messo vertiginosamente a confronto con lo scandalo della presenza stessa della sofferenza. Da qui un cambio di passo decisivo che costringe a fare i conti con un’alternativa radicale: quella tra buddhismo e cristianesimo. Non solo per cercare di prendere in qualche modo le misure al dolore e alla sofferenza, ma per incontrarli; perché di questo alla fine, secondo Scheler, si stratta: di riuscire a incontrare il dolore e la sofferenza nel modo più autentico per non smarrire il significato del proprio essere personale.

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Sull'autore

Max Scheler

Max Scheler (1874-1928) è stato un punto di riferimento della filosofia europea della prima metà del Novecento. Di ispirazione cattolica, ha fornito un contributo determinante alla interpretazione fenomenologica della vita emotiva. Critico della società borghese e della deriva dello stato moderno in senso autoritario, ha posto le basi per la nascita della sociologia della cultura e dell’antropologia filosofica del Novecento. Tra le sue opere principali: Il formalismo nell’etica e l’etica materiale dei valori (1916), L’eterno nell’uomo (1921), Essenza e forme della simpatia (1923), La posizione dell’uomo nel cosmo (1928).

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